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domenica 26 febbraio 2012

In Svizzera a Beznau la centrale nucleare più vecchia al Mondo: gli ambientalisti ne chiedono l'immediata chiusura

Gli ambientalisti tedeschi e svizzeri raggruppati sotto 15 associazioni, tra cui WWF, Greenpeace, Verdi e Verdi liberali di Argovia e Soletta chiedono l’immediata chiusura della centrale nucleare di Beznau a Döttingen, canton Argovia in Svizzera. Come spiegaTicinoNews:

Quando a fine febbraio verrà spenta la centrale di Oldbury, in Inghilterra, l’impianto di Beznau diventerà il più vecchio al mondo, con 42 anni di servizio.

La Centrale è vecchia e neanche sicura e le criticità sono conosciute da ben prima dell’incidente di Fukushima. La centrale, meglio conosciuta come Beznau I, dovrebbe invece essere disattivata nel 2019, secondo il piano di denuclearizzazione approvato dalla Svizzera lo scorso anno. Infatti secondo l’IFSN, l’Ispettorato federale della sicurezza nucleare sul sito pendevano 75 questioni, tra cui carenze sull’alimentazione elettrica di emergenza valutata inaffidabile, crepe sulle copertura del reattore e sul guscio di acciaio.

Spiega Rudy Bächtold, responsabile comunicazione WWF Bellinzona a Ticinolive:

Per le quindici organizzazioni firmatarie una cosa è chiara: se il contenitore ermetico è danneggiato, l’impianto va smantellato al più presto. Un ulteriore grande rischio è rappresentato dall’alimentazione d’emergenza, che, ad esempio, dovrebbe impedire la fusione del nocciolo in caso di terremoto. Secondo l’IFSN, tale sistema dovrà essere ammodernato entro il 2014, dopo che già nel 2007 esso era stato messo totalmente fuori uso durante una revisione. Fino a quella data, perciò, l’impianto verrà gestito in condizioni di totale improvvisazione. Se l’IFSN prendesse davvero sul serio le esigenze da essa stessa espresse in ambito di sicurezza, il reattore di Beznau avrebbe dovuto essere spento fino al completamento dei lavori di ammodernamento.

diminuire i consumi di energia aumentando i servizi

Thierry Salomon è un ingegnere francese che ha fondato l’associazione Négawatt attraverso cui diffonde il concetto dei Watt negativi ossia l’energia risparmiata attraverso una tecnologia o un comportamento, misurata proprio in negawatt. Il Manifesto recentemente pubblicato sta ottenendo un gran successo editoriale e dimostra che almeno in Francia l’interesse verso la transizione è un argomento che sta particolarmente a cuore.

I tre assi su cui si fonda sono sobrietà, efficcacia e rinnovabili. Il nucleare è decisamente tenuto fuori da questo processo. Lo spiega bene Salomon durante l’intervista rilasciata a Actu-Environnement dove racconta l’origine del movimento:

L’originalità di negaWatt sta nel dare un nome alle cose. Fino a ora non è stata nominato il risparmio energetico. In questo concetto è incluso un costo di riduzione, una sorta di inceppo che non riflette completamente l’immagine positiva che deriva da sobrietà e efficacia energetica. La nostra idea è positivizzare i negaWatt, renderli visibili, quantificarli e metterli a confronto mostrando il non consumo di energia con il consumo di energia. L’ispiratore del movimento è Amory Lovins (noi ne scrivevamo con qualche polemicaqui). L’obiettivo è differenziare il servizio energetico dal consumo di energia. In altre parole: si può assolutamente ridurre il consumo di energia senza che diminuisca la qualità del servizio, anzi si potrebbe anche accrescere.

Ma da dove si potrebbe cominciare? Spiega Salomon che una prima istituzione che dovrebbe essere creata proprio per gestire il passaggio è una Alta Autorità della transizione energetica dotata di poteri e mezzi:

Secondo punto: fissare visione e ritmo della transizione attraverso una legge quadro sull’energia, che dia una vera visibilità ai cittadini, alla collettività, agli imprenditori per evitare situazioni di stop an go o crisi. Questa legge dovrebbe essere sintetica, chiara e che definisca gli orientamenti per i prossimi 5-10 anni. Infine è necessario che le comunità locali rimettano le mani sulle loro risorse energetiche, chiave della regolazione dell’energia, della produzione e del consumo.

Sostanzialmente definisce nell’energia di transizione il passaggio alla microgenerazione il che può avvenire evidentemente in maniera agevole per tutte le piccole comunità. Ma questa sembra essere solo una parte della soluzione. Infatti Salomon precisa ancora:

Ci sono tre punti forti. Il primo ruota intorno alla sobrietà e l’efficacia che si traduce, ad esempio, in un grande programma di rinnovamento degli edifici. La sobrietà deve entrare a far parte dei piani di urbanizzazione, nella mobilità, nell’occupazione dello spazio. Secondo punto di forza: il passaggio verso le rinnovabili per tutte le necessità. Terzo punto di forza. la flessibilità delle rinnovabili grazie alla varietà i fonti. Se ognuno di noi usa 80 watt per sostenere il proprio metabolismo, di fatto consumiamo, almeno in Francia, 7000 watt per consumi energetici vari: casa, trasporti, industria. E’ qui che dobbiamo intervenire nel ridurre il consumo almeno del 40% attraverso un servizio energetico più efficiente. L’idea è ritornare a meno di 2000 watt ma ottenuti da energie rinnovabili.

Insiste Salomon sulla riduzione degli sprechi attraverso coibentazioni efficaci, ad esempio. E sostiene che per risparmiare sul riscaldamento, ad esempio, è sufficiente un buon isolamento termico dell’edificio perché abbassare la potenza consente di ottenere margini di manovra sulla rete. A mancare all’appello però la volontà politica di portare cittadini e stati verso il punto di transizione.

ISOLAMENTO TERMICO

La struttura portante di una casa può essere infatti costituita da cemento armato, acciaio o legno, mentre il tetto può essere eseguito in più modi. Mentre nel caso della struttura l’isolamento è posto nelle pareti e nella loro intercapedine, l’isolamento del tetto è applicato sopra, sotto o tra le travi portanti.

Il materiale isolante inoltre possiede caratteristiche di resistenza meccanica, conduttività termica, comportamento all’acqua e all’umidità, al fuoco e stabilità dimensionale, che vanno tenute in considerazione. La questione degli spessori da scegliere viene stabilita dai tecnici del settore: solitamente vi sono delle soglie minime da rispettare secondo le norme edilizie e tecniche, insieme ad una verifica termoigrometrica delle pareti per accertarsi che non ci sia condensa al loro interno. Nella norma vengono consigliati almeno 8 cm di isolante per quanto riguarda almeno le chiusure verticali.

Abbiamo visto una breve lista di materiali che vengono utilizzati per l’isolamento e ora vediamo invece come applicarli agli edifici, preferendo i materiali a risparmio energetico e non dannosi per l’uomo. Ricordiamo comunque che, in ordine di importanza, gli interventi da evidenziare riguardano l’isolamento del sottotetto, quello di serramenti e vetri, pareti perimetrali e pavimenti.

BICICLETTE ECOLOGICHE


La bici è il mezzo ecologico per eccellenza, ma una bici riciclata, realizzata con i rifiutirecuperati dalla discarica e dalle strade, è ecofriendly al quadrato. Parliamo della Muzzi cycle, una bici in vendita su Internet, che prende il nome dal suo ideatore, l’artista Juan Muzzi.

Muzzi recupera dalle discariche e dai cassonetti bottiglie di plastica, rifiuti in nylon, polipropilene, abs, per costruire delle city bike, rigorosamente senza vernici. Anche il costo è sostenibile, dal momento che sono in vendita a 140 dollari. Tra i vantaggi di queste biciclette riciclate, c’è sicuramente il fatto che non arrugginiscono e non necessitano di paraurti. A Muzzi veniva dato del visionario inizialmente, ma ora la Muzzi Cycles è una fabbrica avviata in Brasile, grazie ai finanziamenti iniziali ricevuti dal Banco Uruguaiano.

Pensate che ogni anno riesce a riciclare oltre 15 milioni di bottiglie in Pet, 132.000 telai di bicicletta, con un risparmio di CO2 stimato in 2.738.227 kg. Trovate maggiori informazioni sul sito www.muzzicycles.com.br. Dopo il salto un video dell’assemblaggio delle biciclette riciclate.

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